La Cina non ci sta: "Google coopera con l'intelligence Usa"

Arrivano le prime accuse di collusione e cooperazione con le agenzie di sicurezza Usa. A scagliarsi contro Google è il primo quotidiano del partito comunista

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    La chiusura di Google in Cina (google.cn) e il "dirottamento" dei navigatori della Repubblica Popolare Cinese sul sito di Hong Kong, google.com.hk, è un argomento dalle tinte forti, che non poteva esaurirsi nel corso di una sola giornata. Non si sono fatte attendere le reazioni della Stampa cinese che, già nella giornata di ieri, con il supporto del governo centrale di Pechino, aveva definito la manovra di Mountain View del tutto errata e "presuntuosa", visto che, almeno in teoria, nasce dalla non accettazione da parte di Google di filtrare le ricerche da argomenti ritenuti "caldi" dal regime comunista cinese. Fra questi il Dalai Lama, capo spirituale del Tibet, e la Protesta di piazza Tienammen del 1989, tristemente nota per la repressione subita dai movimenti studenteschi e operai da parte dell'esercito cinese.

    Oggi è il Quotidiano del Popolo, principale giornale del partito comunista al potere, a riprendere le fila del discorso e a piazzare l'affondo a Google, rincarando se possibile la dose, con un esplicito riferimento ai rapporti impliciti esistenti fra Google e l'intelligence Usa. Il che disegnerebbe uno scenario ben diverso, a detta di chi muove le accuse, da quello attribuibile alla sola questione della censura.

    In prima pagina compaiono commenti che non lasciano nulla all'interpretazione: «Per il popolo cinese, Google non è dio e anche se ha inscenato uno spettacolo su questioni politiche e su valori, ancora non è dio». E ancora: "Nei fatti, Google non è una vergine quando si parla di valori. La sua cooperazione e collusione con l'intelligence Usa e le agenzie di sicurezza è ben nota».

    Le situazioni che hanno portato il grande motore di ricerca al divorzio dalla Cina, potrebbero essere quindi più complesse del previsto: dalla libertà di informazione su Internet agli attacchi hacker subiti da Google lo scorso gennaio, dal tasso di cambio del renminbi cinese alla vendita di armi americane a Taiwan.

    Ciò che sembra chiaro agli esperti è che le ripercussioni per quanto accaduto, saranno presto evidenti, soprattutto per ciò che riguarda la diffusione nel paese orientale di telefonini basati sul sistema operativo Android. La chiusura del portale, inoltre, preclude a Mountain View la possibilità di offrire i suoi servizi a una popolazione di quasi 400 milioni di abitanti.
     
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