Ondata di proteste: «Possiamo spiegare a questo giudice che cos’è YouTube?»

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    La condanna di tre dirigenti di Google (proprietaria di YouTube) per il video di un disabile picchiato - il primo caso planetario di procedimento penale che coinvolge il motore di ricerca per la diffusione di contenuti web - sta facendo il giro del mondo e della Rete, provocando anche la reazione negativa dell’ambasciatore americano a Roma, David Thorne, in un crescendo che quasi assomiglia al caso diplomatico tra il colosso del web e la Cina. «Siamo negativamente colpiti dalla odierna decisione. Pur riconoscendo la natura biasimevole del materiale, non siamo d’accordo sul fatto che la responsabilità preventiva dei contenuti caricati dagli utenti ricada sugli Internet service provider», fa sapere l’ambasciatore David Thorne in una nota, mentre molti blog americani e italiani prendono le difese di Big G.

    «Possiamo spiegare al giudice italiano Oscar Magi cos’è YouTube?», scrive l’esperto Mike Butcher su TechCrunch, uno dei più seguiti blog tecnologici Usa, riassumendo una delle posizioni più diffuse nella blogosfera americana: i tre responsabili italiani di Google sono stati condannati in base ad «accuse ridicole», perché il video del disabile vessato è stato tolto quasi immediatamente dal sito.

    Su Business Insider, Matt Sucherman, responsabile per gli affari europei, definisce dal canto suo la sentenza «incredibilmente stupida». Della stessa portata le reazioni in Italia. «È probabile che il diritto alla libertà di informazione e il diritto alla privacy saranno sempre più in conflitto.

    E tutti coloro che vorranno ridurre la prima potranno appellarsi alla seconda», scrive il noto blogger Luca De Biase, mentre per Vittorio Zambardino «non è la libertà di Google in gioco ma quella dei singoli».

    Per il presidente del Garante della Privacy, Francesco Pizzetti, la sentenza «pone all’attenzione di tutti la necessità di individuare con urgenza regole condivise», mentre è «inaccettabile» per gli Internet Provider. «La responsabilità penale personale di un soggetto privato non può essere trasferita ad un operatore che si trova nell’impossibilità oggettiva di controllare un contenitore immenso di contenuti video come YouTube», dice Dario Denni, segretario dell’Aiip, l’Associazione italiana Internet Provider che riunisce 50 operatori.

    E Andrea Monti, avvocato ed esperto di diritto della Rete, spiega che si potrà commentare meglio quando sarà nota la motivazione della sentenza, ma «per il momento è interessante notare che il giudice ha assolto sull’accusa di diffamazione. È stata dunque rigettata l’impostazione accusatoria che collegava l’omesso controllo sui contenuti pubblicati tramite Google alla lesione della reputazione».

    Tanti anche i commenti politici negativi, da Paolo Gentiloni del Pd («sentenza allarmante») a Ffwebmagazine.it, periodico online della Fondazione Farefuturo che chiede di «punire i bulli e non il web», in una delle giornate più nere di Google, da oggi ufficialmente anche sotto la lente dell’Antitrust Ue dopo una segnalazione del concorrente Microsoft. Solo l’ultima di una serie di grane in Italia e all’estero (da Google News a Google Books, solo per citarne alcune) della `gallina dalle uova d’oro´ prima al mondo per la ricerca online e di video che solo nell’ultimo trimestre 2009 ha quintuplicato il suo utile netto.

    Fonti by Il Secolo XIX
     
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